La campagna d'Italia iniziata con lo sbarco in Sicilia il 9 luglio 1943, per gli alleati significò inizialmente, il controllo delle rotte mediterranee. Conquistata la Sicilia con l’accettazione dell’armistizio del settembre 43. erano riusciti a far uscire l’Italia dalla coalizione hitleriana. Conquistata Napoli il 1 ottobre 1943, dopo tre settimane dallo sbarco di Salerno, puntarono decisamente verso nord con gli statunitensi gravitanti sul versante tirrenico ed i britannici sul versante adriatico. Con l'inizio della stagione autunnale, le condizioni meteorologiche sempre più avverse, la natura del terreno particolarmente adatta alla difesa rallentarono di molto la progressione alleata verso nord. Roma che si auspicava raggiungere in poche settimane, era sempre più lontana.
Per i tedeschi significò il controllo del territorio italiano, una ulteriore apporto diretto allo sforzo bellico con l’acquisizione delle ricchezze italiane, sopratutto quelle agricole, non disdegnando quelle industriali che di regola venivano trasferite ove possibile nel territorio metropolitano del Reich, un ulteriore acquisizione di mano d’opera, da utilizzare anche con regimi schiavistici, un sollievo per aver perso un alleato che si era rilevato i termini di concorsi operativi di poca consistenza. Tutto il rimanente potenziale militare italiano fu requisito dalla Werhmatch e con esso le forze armate tedesche completarono il loro equipaggiamento ed armamento dal settembre 1943 all’aprile 1945. Infine l’atteggiamento dell’esercito tedesco in Italia. La politica d’occupazione germanica nei confronti dell’Italia e della sua popolazione da settembre 1943 all’aprile 1945 era ispirata al concetto che le truppe operanti si sentivano e consideravano l’Italia un territorio nemico con quello che significa. Questo atteggiamento fu costante, anche dopo che fu costituita la Repubblica Sociale Italiana., e mai i tedeschi consideravano l’Italia repubblichina un territorio di un paese “alleato ed amico”. Nelle questioni fondamentali il governo fascista non disponeva di effettiva sovranità e la supremazia nazista si esplicò in piena autonomia e sancita con atti ufficiali d’imperio. Gli occupanti, come si consideravano i tedeschi, si riservarono il diritto di preda bellica, nonostante i governanti fascisti ritenessero giuridicamente insussistente tale pretesa.
Da questa impostazione discende la grande differenza che esiste nei rapporti tra Il Regno d’Italia e gli Alleati, e tra la Germania e la Repubblica Sociale Italiana, anche in tema di impiego di unità combattenti, dall’altissimo significato politico.
Sul piano strettamente politico, l’atteggiamento tedesco nei confronti di Salò fu improntato al totale divieto e rifiuto di impiegare unità combattenti italiane repubblichine al fronte meridionale, ed i comandanti tedeschi da Kesserling ai suoi più stretti collaboratori furono irremovibili nel derogare da questa linea politica. Il loro giudizio sostanzialmente era che non ritenevano i camerati italiani dei combattenti affidabili. Le quattro divisioni addestrate in germani, le altre unità dell’Esercito di Graziani, La Guardia Nazionale le Brigate Nere e le altre forze repubblichine dovevano essere impiegate sul fronte interno, a controllo del territorio, in funzione antipartigiana, nel settore logistico. Non faceva eccezione la X MAS, che peraltro non faceva parte delle forze armate della Repubblica Sociale, che in virtù di questo suo particolare status, riuscì ad inviare un Battaglione, il “Barbarigo”, sul fronte di Anzio, cosa che, in vicende abbastanza turbolente, costò anche l’arresto momentaneo del suo Comandante da parte fascista tanto era la frammentazione militare nell’ambito della RSI. Ampio era, invece, il reclutamento di camerati italiani nelle fila dell’Esercito tedesco e nelle unità delle Waffen-SS. Costoro prestavano giuramento al Furher e non erano considerati soldati italiani, ma tedeschi di origine italiana nel quadro del Grande Reich, come i norvegesi, i belgi, i francesi, i cosacchi ecc.
I rapporti in campo militare tra il Regno d’Italia e gli Alleati erano diametralmente opposti a quelli tedeschi. Gli alleati crearono subito le Unità Ausiliarie, poi le salmerie di Combattimento, cercando di avere uomini per la loro logistica militarizzati, al comando di ufficiali italiani. Dopo tre mesi dalla firma dell’armistizio unità combattenti italiane entrarono in combattimento a fianco degli alleati contro i tedeschi. Questo nell’ambito della Repubblica Sociale non accadde mai nel corso dei 600 giorni di Salò.. Anche gli alleati non avevano una grandissimo opinione degli italiani come combattenti, sopratutto i Britannici; questi infatti adottarono più o meno la stessa linea politica adottata dai tedeschi: erano contrari all’impiego in linea di unità italiane: Gli Statunitensi, di contro, consci della loro carenza in termini di uomini, erano propensi a formare unità combattenti italiane. Certamente anche loro avevano delle riserve e permisero la costituzione solo di una unità a livello di Raggruppamento Motorizzato (5000 uomini) e lo misero alla prova a Montelungo. Questa prova non fu soddisfacente, in parte anche per demeriti delle truppe statunitensi, e la questione pro o contro, rimase in sospeso fino a Monte Marrone. Qui si ebbe la svolta. Avendo constatato che la guerra in montagna doveva essere condotta da truppe specializzate e loro non ne avevano, con Monte Marrone gli Italiani dimostrarono di essere in grado di condurla, gli Statunitensi non esitarono a risolvere la questione a favore degli Italiani. Questo potevano sopperire alla carenza di uomini, assegnati sul versante adriatico che sostanzialmente era meno importante di quello tirrenico, e diedero tutto il loro appoggio al potenziamento delle unità di combattimento italiane.
Il passaggio dal I Raggruppamento Motorizzato al Corpo Italiano di Liberazione, da 5000 combattenti prima a 14000 poi a 25.000 fino a settembre 1944 combattenti segue questa logica ed avvenne due settimane dopo che Monte Marrone fu occupato e difeso.
L’Italia ebbe la possibilità di combattere, ma, cosa più importante, ebbe in nuce, il nucleo centrale da cui si generò, con nuova mentalità, nuovi metodi, nuovi criteri le forze armate della nuova Italia. Si può dire che da Monte Marrone, per merito di un battaglione di di Alpini, l’Italia uscì dal tunnel della seconda guerra mondiale con la sua sequela di sconfitte e ritirate ed iniziò un nuovo percorso nel campo militare e di politica militare.